Falò all’alba è un film da regista del giapponese Koichi Doi che in maniera pseudo documentaristica ma molto divertente gira una storia completamente incentrata sulla tradizione del teatro comico in puro stile Kyōgen. Gli attori protagonisti, due veri esperti di questo particolare modo recitativo, tipico del Giappone, che, assieme alla loro famiglia, portano avanti da ormai 650 anni.
Falò all’alba racconta la storia di Okura Motunari e suo figlio di dieci anni, Yasunari, che lasciano la grande città per passare alcuni giorni in una baita isolata dove poter esercitarsi. In particolar modo, Okura intende insegnare al figlio la nobile arte del Kyōgen. Arte che al piccolo Yasunari non appare immediatamente facile e in particolar modo comprensibile.
Falò all’alba è per l’appunto un documentario addobbato da tenera storia padre e figlio che ci permette, a noi stessi spettatori, di capire il senso di questa tecnica e la sua straordinaria e musicale comicità, fatta, tuttavia, di regole fisse, sacre ed eterne che non possono essere tralasciate.
All’inizio Yasunari è preoccupato, ostico e quasi annoiato dagli insegnamenti paterni. Okura, riprendendo anche dagli insegnamenti di suo padre e suo nonno, cerca di aiutare il piccolo Yasunari a penetrare in questa atmosfera teatrale nella maniera più quotidiana e leggera possibile. Ed ecco che ogni momento e ogni luogo diventano un ottimo modo per esercitarsi.
Questo porterà il giovane Yasunari al suo atteso debutto.
Koichi Doi trasmette emozioni uniche che solo una civiltà come quella giapponese può trasmettere. Il regista, ospite del Ravenna Nightmare, oltre a toccare corde emotive familiari e fanciullesche, riesce a trasgredire questa storia lineare e anche domestica, riuscendo ad allargare la storia anche ad altri personaggi e con tematiche più contemporanee possibili. Come la storia della ragazza ospitata dal nonno dopo la tragedia di Fukushima.
Tutto con una leggerezza piacevole e allo stesso tempo profonda.
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