Gli uomini d’oro è il secondo lungometraggio di Vincenzo Alfieri.
Quante volte negli ultimi anni in Italia si è parlato dei baby pensionati che imperversavano a cavallo tra gli anni ’80 e ’90?!? Innumerevoli. Secondo pareri autorevoli tutte quelle persone andate in pensione a quarant’anni hanno contribuito fortemente all’avvento della crisi economica, che ancora oggi affligge il nostro paese.
Luigi Meroni (Giampaolo Morelli) è un impiegato postale sulla quarantina che nutre il sogno di andarsene in Costa Rica con l’amico e collega di sempre Luciano (Giuseppe Ragone) subito dopo essere andato in pensione; a pochi mesi dal suo pensionamento però la cosiddetta riforma Dini cambia le carte in tavola posticipando l’età pensionabile a vent’anni più avanti.
Luigi, vedendo infranto il suo sogno e con la prospettiva di fare un lavoro che odia ancora per tanti anni, decide di rapinare l’ufficio postale con l’ausilio del suo amico Luciano, del collega scorbutico e taciturno Alvise (Fabio De Luigi) e di un ex pugile detto Il Lupo (Edoardo Leo) il quale dopo una serie di scelte sbagliate si ritrova ad essere ricattato da uno strozzino effeminato soprannominato Boutique (Gianmarco Tognazzi).
Il giovane e talentuoso regista Vincenzo Alfieri, alla sua seconda prova, ci racconta una storia italiana realmente accaduta sul finire degli anni ’90 servendosi di un noir metropolitano a tinte pop molto particolare ambientato in una Torino plumbea che strizza l’occhio a Il Capitale umano di Paolo Virzì e a Le Iene di Quentin Tarantino. La struttura de Gli uomini d’oro permette allo spettatore di assistere alla vicenda secondo il punto di vista di tutti i protagonisti della pellicola capitanati da un Fabio De Luigi che alla sua prima prova drammatica non delude, dando vita ad un uomo diabolico e infimo che dimostra di essere più intelligente di tutti gli altri.
Giampaolo Morelli incarna egregiamente un uomo frustrato che è disposto a tutto pur di realizzare il suo sogno di andarsene in Costa Rica, tanto da affermare che lavorare alle poste equivale allo stare in galera. Edoardo Leo invece dimostra tutta la sua versatilità interpretando un personaggio all’apparenza duro ma che progressivamente si rivelerà stupido ed ingenuo. E se Giuseppe Ragone da vita al classico italiano medio che si infervora quando gli offendono la squadra del cuore, tocca all’ottimo Tognazzi portare sul grande schermo un personaggio viscido e meschino.
Molto importanti ne Gli uomini d’oro risultano essere inoltre le attrici Matilde Gioli, Mariela Arriga e Susy Laude, che nel film interpretano rispettivamente le compagne/mogli dei nostri protagonisti condizionando enormemente gli eventi che si succederanno all’interno della storia.
Uomini d’oro è un termine giornalistico che sottintende sostanzialmente una rapina di grandi proporzioni fatta senza spargimenti di sangue. Alfieri mette in risalto i motivi per i quali i personaggi commettono questa azione disperata più che la rapina in sé: sono infatti quattro disgraziati squattrinati che inizialmente ricordano I soliti ignoti di monicelliana memoria ma nel corso del racconto divengono sempre più “pulp e machiavellici fino ad arrivare ad un climax che lascerà sgomenti gli spettatori.
Mi congedo con le seguenti parole dello scrittore Hervé Beauchesne, perfettamente in linea col significato dell’opera in questione: “Chi crede che con il denaro si possa fare di tutto è indubbiamente pronto a fare di tutto per il denaro.”
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