Il federale è un film del 1961 diretto da Luciano Salce e interpretato da Ugo Tognazzi e Georges Wilson. Primo vero ruolo di Tognazzi senza la collaborazione dell’amico e collega Vianello. Dopo l’avanspettacolo e la televisione, infatti, l’attore decise di fare il salto di livello entrando nel grande universo cinematografico. Universo di cui rimarrà uno dei più grandi e amati esponenti fino alla sua morte.

Parlando del Federale, Salce, qui alla sua terza prova da regista, s’impone già come autore appartenente alla grande commedia nostrana. L’opera racconta la fine del secondo conflitto mondiale e del regime fascista con i tratti grotteschi e ironici che si confanno a quelli di un italico umorismo. Eppure, nonostante i geniali scambi di battute fra Tognazzi e il francese Wilson e la descrizione più scanzonata di quegli ultimi giorni di guerra, il finale è amaro e il futuro, col senno di poi, appare tutt’altro che roseo.
Il federale – La trama
L’integerrimo e anche fanatico squadrista Primo Arcovazzi (Tognazzi) riceve l’ordine dai suoi superiori di andare in Abruzzo per scovare il nascondiglio del Professor Erminio Bonafé (Wilson), noto antifascista, e portarlo a Roma. La buona riuscita della missione varrà ad Arcovazzi la nomina di federale.
Dopo aver acciuffato l’anziano professore i due si mettono in marcia verso la capitale ma da quel momento in poi troveranno sulla loro strada ogni genere di ostacoli. Arrivano a fatica in una Roma già bombardata e invasa dagli alleati, dove i fascisti sono costretti a scappare e a gettare la divisa nera. Arcovazzi, infatti, viene preso e pestato da alcuni uomini armati del CNN ma quando questi stanno per fucilarlo, Bonafé lo risparmia e decide di lasciarlo andare fra le macerie di un’Italia distrutta e da ricostruire.
Il federale gioca in maniera caricaturale e macchiettista sullo scontro eterno fra buoni e cattivi, fascisti e antifascisti; finisce però col centrare il grande problema che ha avuto questo paese dal suo dopoguerra ad oggi. Con la dittatura di Mussolini l’italiano si scopre fascista e da quel momento non sarà più la stessa cosa. Ancora oggi si è soliti connotarsi o con il termine fascista o con quello antifascista; anche se poi alla fine siamo tutti paesani ed è sempre tutta una grande festa.
Ciò che Il federale descrive è questa nostra maniera di passare oltre e di dimenticare con troppa facilità gli errori commessi. Il film di Salce, e lo si nota in quel finale sbrigativo e melodrammatico, ritrae l’incapacità di prendere buone decisioni. Sottolinea la naturale volontà di ricoprire tutto e subito vent’anni di un regime oppressore e sanguinario. Senza una denuncia a ciò che è stato commesso e senza un processo come è avvenuto per il Nazismo, non ha potuto avere luogo una completa defascistizzazione. Tutto ciò ha invece permesso che quegli ideali arrivassero integri, forti e violenti fino a noi.
Probabilmente, quando Il federale è stato realizzato, non c’era ancora la paura per un possibile ritorno; si avvertiva al contrario il desiderio di ridere anche in una tragedia umana così grande com’è stata il fascismo. Lo stesso Salce, prigioniero durante la guerra in un campo di concentramento nazista, preferisce ridere in faccia a quel passato ignobile. Preferisce usare ogni mezzo possibile per gettare in ridicolo quei personaggi che si nascondevano dietro un’uniforme o una camicia nera.
Ecco perché Tognazzi, con la sua mimica e la sua gestualità, contribuisce a fare di questo film uno dei più divertenti del cinema italiano. Simpatica e adeguata interpretazione di Georges Wilson nei panni di un antifascista che nasce democratico e come tale resta tutta la vita. Ma anche il senso di amicizia instauratosi tra i due non è del tutto positivo. Fra gli attori di contorno si riconoscono Renzo Palmer, Gianni Agus, Gianrico Tedeschi e una giovanissima Stefania Sandrelli. Il federale segna, inoltre, l’inizio della carriera di Ennio Morricone che comincia a comporre musiche per il cinema proprio con la pellicola di Salce.

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