Questa settimana è iniziata con il piede giusto. Oltre alle nazioni europee e del medio oriente, lacerate dalla lunga serie di stragi che il movimento jihadista perpetua ormai da anni, anche l’Italia attraversa una fase critica. Mentre si cerca di andare avanti, l’ultima notizia dilaga per lo stato italiano ed è subito guerra. No, tranquilli, la crisi economica non c’entra in questo caso: quella ce la porteremo avanti ancora per molto. E nemmeno i soliti scontri in parlamento hanno la meglio. A 24 anni dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, dove persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la belva si risveglia dalla sua tana super controllata e senza via di fuga. Quasi a farne un dispetto maligno e ironico, quale momento migliore di questo per dare la parola all’autore di quelle efferatezze sopra citate.
Proprio così, Salvatore Riina, noto come Totò, impazza su tutti i rotocalchi e programmi televisivi con una richiesta alquanto sfacciata e provocatoria; vuole uscire dal 41 bis, carcere di massima sicurezza dentro il quale passa le sue giornate ormai da 23 anni, perché, secondo il suo parere, vuole una morte dignitosa. Caro Totò, secondo il mio modesto parere è meglio che te ne stai ancora un altro po’ li dentro; se fossi la metà di quelle persone alle quali ai fatto torti così indicibili e sanguinolenti, bè, se uscissi ti taglierei la testa o preparerei un bel bagno d’acido per le tue ossa stanche. Tuttavia bisogna aver coraggio per ammazzare, e farsi giustizia con le proprie mani non porta ad una migliore esistenza; poco ma sicuro. Si finirebbe per fare solamente il loro gioco. Così mi faccio da parte e guardo indignato ma curioso le richieste di un vecchio assassino soprannominato “La Belva”. Decine e decine di persone sentono il dovere di dire la loro. Una fra tutte, Rita Dalla Chiesa, figlia del generale Dalla Chiesa, che dopo aver sconfitto le brigate rosse, venne mandato a morire contro qualcosa più grande di lui e di sicuro contro una società con decine di agganci.
Quello che sin da bambino mi stupisce della mafia è la sua stretta connessione alla parola agganci. Un’organizzazione criminale tra le più potenti e mostruose si può permettere di avere amici anche in ambito legale? Questo è sempre stato il buffo delle lunghe conversazioni che avevamo io e mio padre. Potevi dire la tua quanto ti pareva, tanto alla fine la frase di chiusura era sempre la stessa; “La mafia è lo stato”. La mafia è lo stato? Sembra il titolo di un film d’avventura per ragazzi, perché così assurdo per quanto vero. Una frase che agghiaccia, e per quanto pensi che sia una questione che riguardi solo il sud Italia, te la ritrovi anche in questa cosiddetta oasi centrale umbra. Quando scopri che sono arrivati anche qui. E tu lo sai. Tu sai benissimo e convivi con tale notizia scandalizzandoti solo quei cinque minuti; quanto basta per bere un caffè e dire: “Che cce voi fa?”. Niente, che vuoi fare?! Il brutto di tutto è che non finirà mai; finché non arriveranno altri uomini come un Falcone e un Borsellino, i cosiddetti uomini con le palle, che la spazzeranno via. Fino a quel momento puoi dire di no ai soprusi come questi. Come l’ultimo fatto dal capo dei capi. La sua seria freddezza lo fanno un personaggio di ghiaccio ai confini con la realtà; a cavallo tra il più spietato degli assassini e il più grande comico ironico degli ultimi anni. Perciò divertiamoci; siamo un popolo allegro, che non si tira indietro e non demorde. Divertiamoci con lui e facciamolo marcire in prigione. Tanto secondo molti continua a comandare Cosa Nostra anche da un luogo irraggiungibile e isolato come il 41 Bis. Altro elemento per il quale non si sa più se ridere amaramente o disperarsi.
Tutto questo discorso per dire che si è ancora in tempo per cambiare le cose; ancora in tempo per non lasciare che a uomini come Riina permettano di sputare stronzate. La vita è un’altra cosa, e anche a uomo come lui bisogna lasciare uno spazio vitale. Che sia però ristretto.
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