F. J. Ossang - Regista punk

F. J. Ossang – Una conversazione con un regista punk

Il regista punk F.J. Ossang, dopo aver presentato il suo ultimo film 9 Doigts durante le giornate del Ravenna Nightmare, ha rilasciato una lunga e divertente conferenza stampa durante la quale ha parlato dell’inizio della sua carriera, del film e degli aspetti più interessanti del suo modo di fare cinema.

Gli inizi della sua carriera

Negli anni sessanta e settanta c’è stata questa ribellione prima per quanto riguarda la poesia e poi in secondo luogo anche alla musica e al cinema. In quegli anni la produzione è stata molto ricca con il punk e poi con il post-punk. E tutto ciò è stato molto eccitante, ha dato molti spunti alla mia carriera. Anche sul piano europeo questo si è sentito con collaborazioni tra italiani, spagnoli e francesi della stessa generazione in questa visione, nonostante eravamo una grande minoranza nella società.

C’era davvero una grande complicità in questo spazio. Quindi è stato anche pericoloso perché in questo contesto tutto era, o sembrava, possibile e poi c’è stato ovviamente un calo, un tracollo. E come diceva Joe Strummer: “Punk un giorno, punk per sempre”.

All’inizio del movimento punk non si poteva immaginare che poi sarebbero venuti fuori anche scrittori punk, registi punk. La musica è stata un pretesto per poi svilupparsi negli altri campi artistici e culturali. Molto tempo fa.

Quali sono i maestri che hanno influenzato la sua maniera di fare cinema?

Quando ho iniziato ad avere l’idea per questo film, mi riferivo ai maestri del cinema tedesco e sovietico degli anni Venti. E anche all’internazionale  situazionista, William De Rose con la rivoluzione elettronica. La mia carriera inizia con la scrittura. Verso i 23 anni c’è stato un momento in cui non c’era più futuro, e quindi sono entrato nella scuola di cinema. Così ho avuto delle scoperte strane.

Nella scuola di cinema che scoperto il cinema francese. Sono diventato un fan di Melville. Ho scoperto i film quando ero a Tolosa. Sempre li ho scoperto tutto il cinema americano degli anni Quaranta. Il cinema noir. Se non avessi mai iniziato la scuola di cinema, probabilmente non avrei mai iniziato a fare cinema. Prima di questo non avevo mai pensato al cinema.

Fu in questo momento che per poter lavorare nel cinema, per poter fare cinema, serviva solo una telecamera e la pellicola. Così quando sono entrato nella scuola di cinema e dopo aver toccato la prima volta con mano la pellicola, ho capito che cos’era veramente il cinema. Era come una sorta di transustanziazione della fotografia. Un’esperienza davvero sconvolgente.

Nonostante ami il video, il cinema digitale è qualcosa che assomiglia al cinema, che si avvicina al cinema, ma non  è cinema. Quindi ho deciso di continuare a fare film in pellicola, in super 8, 36 millimetri, 16 millimetri. Può sembrare stupido, idiota, ma comunque rapportarsi alla pellicola è come un desiderio sessuale. Sembra bizzarro ma è proprio così.

Il film 9 Doigts, nonostante sia un film low budget, uno o due milioni di euro, è un film girato in 36 millimetri. In pellicola. E quindi la produzione è stata una vera e propria produzione comunista poiché tutti sono stati pagati alla stessa maniera: dal regista fino agli operatori. È stato fatto in collaborazione con il laboratorio e quindi c’è stata questa parificazione dei salari. In questo ultimo film ho scoperto come realizzare e dare un senso ad un film in pellicola.

Un lavoro naturalmente più costoso, con mezzi non economici: soprattutto in questo film. Il cinema in pellicola è una realtà diversa, oggettiva, ottica, chimica e soprattutto fisica. Come ho già detto, questo genere ci porta ad avere una disciplina organica nella produzione del film. È anche un qualcosa di sacro, con il quale bisogna rapportarsi in maniera diversa: con gli attori specialmente. Quando il film è girato è girato, non si può più tornare indietro.

Cinema punk e cinema noir

Amo molto il cinema noir, e su questo genere si basa molta della produzione. Non c’è però una scuola in Francia riguardo a questo genere e a questa libertà di reinterpretare il genere. Per esempio, la mia passione riguardo a un regista come Melville e a come affronta il genere è molto importante in questo film. Fondamentale, anche a livello musicale, ai tempi c’era molta più enfasi, come un’internazionale della musica, e non ci si rapportava con delle scuole nazionali.

All’epoca era tutto una grande comunità internazionale. E questo è sempre stato, sia nella musica sia nel cinema, la prova di come la contiguità non è locale ma è a seconda dell’affinità culturale. Soprattutto nella realizzazione del film mi piace anche confrontarmi con realtà estere perché mi allontanano dalla normalizzazione commerciale che può venire in Francia.

Nel dodicesimo film, sono andato in Portogallo a girarlo perché la produzione portoghese era meno regolata rispetto a quella francese e quindi per i giovani registi era più facile rapportarsi e lavorare in maniera più libera e migliore.

Passato e presente

Nessuno scrittore oserebbe mai dire di non recuperare qualcosa dal medioevo o dal diciottesimo secolo. Questo avviene anche per il cinema. Bisogna essere nell’oggi, ma anche ritornare indietro e cogliere quello che è l’essenza. Abbiamo il diritto ma anche la necessità di recuperare questi schemi, informazioni e questi racconti dalla storia del cinema. Noi siamo nel nostro tempo ma anche in quello passato. Questo lo notiamo anche nella pittura come nel medioevo e nel diciottesimo secolo venga recuperata l’arte romana: quello che è poi il Neoclassicismo.

Nel genere vive anche questa ironia, questo distacco anche perché lo spettatore non vive quell’epoca, non vive quell’avventura però la rivive nella visione. Preferisco fare un cinema poetico, un cinema della poesia. Una poesia del cinema. Piuttosto che un romanzo di cinema o un cinema del romanzo.

Tuttavia trovo che questo genere mi da molta ispirazione. Come nella poesia, quando si ha difronte un’elegia, un sonetto, un poema: cambia a seconda di quello che è il genere e cambia così anche l’impostazione. Anche se nel film c’è un cambiamento di genere, comunque ciò deve essere tenuto in conto. Questo cambia se faccio un film di fantascienza, un noir oppure un film fantastico. L’attinenza ai generi è perciò importante.

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9 Doigts è un film sospeso. I personaggi vanno avanti senza mai arrivare ad una meta precisa

Certo. I personaggi vanno avanti: pensano al futuro. C’è però anche chi, come il personaggio principale, si concentra sul futuro ma viene deriso dagli altri. Il protagonista cerca di adattarsi al gruppo, cerca di uniformarsi anche in maniera un po’ idiota, e però c’è anche uno spirito paterno che lo lega a Ferrante che è molto importante nel film. Riguardo al suo rapporto con le donne del film, l’attore principale che è Pascal Gregori, non ha potuto relazionarsi con questi personaggi femminili in maniera completa.

La colonna sonora del film

Il gruppo che ha composto le musiche è un gruppo punk industriale che suona dal 1984. Gli MKV. Il chitarrista del gruppo è rimasto a fare film con me fino ad ora. Hanno iniziato a collaborare nel mio film del 1990 ed è stata un’esperienza davvero esaltante perché avevamo pochissimo budget per fare il film.

Lavorare insieme con la musica è stata davvero importante: davvero punk. La musica dei crediti è tratta dal live del gruppo del 1996 e il chitarrista del gruppo è morto il 7 dicembre del 2018. Non potevamo immaginarcelo e purtroppo ha avuto una brutta ricaduta dalla sua malattia e in tre mesi se ne è andato.

C’è un futuro per il cinema?

Si spera di fare un film, visto che lo sto scrivendo. Fare film è un’esperienza particolare. Se si fanno tanti film servono tanti soldi e non sempre c’è questa possibilità. Quello che mi eccita di più del lavorare ad un film è questo lungo processo di scrittura, che va dall’inizio della sceneggiatura fino all’ultimo giorno di montaggio. Questo anche grazie all’appoggio del Centro Internazionale di Cinema.

Dopo due mesi che eravamo partiti nel girare questo film non sapevamo se fosse stato ancora possibile portarlo a termine. Nonostante il produttore fosse stato un grande produttore, che era molto desideroso di portare a termine la pellicola, abbiamo avuto delle difficoltà ad un certo momento perché il budget era molto basso.

È interessante vedere come un film si crea anche giorno per giorno, si oscilla e non si sa mai come continuare. Anche noi, nella produzione del film, abbiamo dovuto faticare per trovare i giusti interpreti, le giuste locations, e questo ha dato l’idea di come il lavoro di un film possa cambiare di giorno in giorno per venire incontro ai problemi che nascono sul set e durante la lavorazione.

Il film è stato difficile soprattutto per recuperare una nave su cui girare. La mia idea era quella di fare un film ce si avvicinasse molto alla letteratura. Anche alla letteratura di Joseph Conrad, di Edgar Allan Poe, a quella letteratura che ho scoperto in gioventù.

Il rapporto con gli attori sul set

Tutti i film sono ovviamente differenti. Questo in particolare è stato facile perché c’è stato un ottimo scenografo: un giovane brasiliano che ha studiato in Francia. E nonostante avessimo un budget basso per la scenografia, ci siamo capiti al volo ed è stato fatto un ottimo lavoro. Anche gli attori sono molto giovani, e sono arrivati sul set con molto entusiasmo e voglia di fare.

Con la troupe, perciò, e tutto la produzione del film si è svolta in maniera molto positiva, con un’ottima atmosfera. Soprattutto anche perché i miei film non vengono girati in maniera cronologica: si può iniziare dalla fine, dalla parte centrale o dall’inizio. Sono questioni relative anche alla scenografia. Il film per questo veniva inventato anche giorno per giorno. È andato bene.

Mi piace molto mescolare attori di diverse origini e di diverse scuole di recitazione. Ci sono stati attori giovani come il protagonista Paul Ami, attori più esperti come Pascal Greggory e Gaspard Ulliel. Quest’ultimo ho trovato che avesse le sembianze e il modo di recitare simile a quello degli attori degli anni cinquanta o sessanta. Molto devoto al film, con un’ottima dizione. È stata una bella esperienza perché queste persone si sono avvicinate al film, più che per i soldi per la parte artistica.

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