Nel 1940 Chaplin cercò di avvertire il mondo con Il grande dittatore, mettendo in guardia l’occidente dalla politica di Adolf Hitler. Nel 1944, in piena guerra mondiale, Alfred Hitchcock, dirige un terzo tentativo di interventismo contro i regimi totalitari con il film Prigionieri dell’oceano (Lifeboat).

Prima di quest’opera in particolare, il regista inglese aveva già realizzato Il prigioniero di Amsterdam, uscito lo stesso anno del film di Chaplin, e Sabotatori. Charlot usa il personaggio del vagabondo per una pellicola comica che intende scimmiottare il dittatore germanico. Hitchcock con queste tre pellicole, ma soprattutto con Prigionieri dell’oceano, dà un messaggio ben chiaro: entrare in guerra e distruggere il nazismo.
Il titolo originale è Lifeboat, che riassume in toto tutto il grande significato della pellicola. Eppure, e questo non succede spesso, anche il titolo italiano c’entra pienamente il senso di cui è intriso questo dramma bellico davvero originale. Tratto da un racconto scritto da John Steinbeck.
Prigionieri dell’oceano – La trama
Dopo un attacco da parte di un sottomarino tedesco, un transatlantico americano affonda e solo pochi superstiti riescono a mettersi in salvo su di una lancia di salvataggio. Ci sono un’elegante giornalista e un giovane ingegnere con idee comuniste. Un cameriere nero, una donna inglese che ha appena perduto suo figlio e un miliardario. C’è un’infermiera, un operatore radio e un marinaio ferito ad una gamba.
L’ultimo disperso a salire sulla scialuppa è Willi. Egli è un tedesco che giura ai passeggeri di non essere né un nemico né il comandante del sottomarino, anch’esso inabissatosi dopo il combattimento. Molti non gli credono altri invece ripongono in Willi e nelle sue doti di marinaio un’ultima speranza di salvezza. Quando scoprono che Willi è in realtà il comandante dell’U-Boot e che li ha ingannati dirigendo la scialuppa verso una nave tedesca, i protagonisti gli saltano addosso uccidendolo all’istante.

Per loro fortuna una nave alleata riesce ad affondare la nave tedesca evitando così il lager dove sarebbero stati spediti. In quello stesso istante un altro disperso tedesco sale sulla scialuppa e cerca di sparargli ma riescono a disarmarlo. Nell’attesa di essere recuperati dagli alleati i passeggeri della scialuppa, ormai ridotti a bestie fameliche, meditano se uccidere anche lui.
Prigionieri dell’oceano alla sua uscita non fu accolto calorosamente in America. Il motivo? Aver ritratto i tedeschi più astuti degli americani. Forse più astuti e subdoli, ma non meno feroci dei dispersi. Questi, in una lenta evoluzione, perdono gli ultimi strascichi di civiltà per diventare individui spietati e pronti a tutto pur di sopravvivere. Il cast di attori scelto da Hitchcock è diviso in interpreti statunitensi e inglesi, come Tallulah Bankhead, William Bendix, Mary Anderson, ecc. Nei panni del tedesco Willi, c’è l’attore austriaco Walter Slezak, molto attivo ad Hollywood fino agli anni Settanta.
Girato completamente su una lancia di salvataggio e in studio e senza una colonna sonora. Prigionieri dell’oceano è divenuto col tempo uno dei film di guerra più indimenticabili e soprattutto rivoluzionari. Nella falsa realtà di uno studio, Hitchcock crea un ambiente naturale così artificioso da diventare vero e concreto. Questo avviene grazie all’uso di suoni, come la sirena di una nave, il rumore del vento o dell’acqua che sbatte contro la scialuppa. Nell’inganno il regista ci proietta in una realtà drammatica che, nonostante i protagonisti siano dispersi nell’oceano Atlantico, trasforma quell’immensità in un incubo claustrofobico. Un incubo ristretto e scomodo proprio come quella scialuppa di salvataggio.
All’epoca Prigionieri dell’oceano aveva un compito ben preciso, quello di inviare un messaggio chiaro alle nazioni che ancora non erano cadute sotto il giogo germanico. Bisogna entrare in guerra e bisogna farlo tutti uniti perché i nemici sono forti e astuti. Come la giornalista che perde ogni suo oggetto prezioso come i gioielli, la macchina fotografica e la pelliccia, anche le forze democratiche dovevano avere la forza di spogliarsi della loro umanità per combattere fino alla vittoria. Per i vivi, alla fine, non sarebbe rimasta che la speranza di poter tornare a essere umani.
Prigionieri dell’oceano contiene anche uno dei più originali e anche migliori camei di Alfred Hitchcock. Non potendo apparire in mezzo al mare assieme ai protagonisti, il maestro del brivido e della suspense viene fuori in maniera geniale; fra le pagine di un giornale che uno dei protagonisti sta leggendo.

Il suo fisico riconoscibile e non proprio sportivo si trasforma in un’ironica pubblicità per dimagrire.
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