La cosa (The Thing) – Il classico di Carpenter terrorizza ancora

Che Halloween sia uno dei film più celebri nel vasto panorama del cinema horror e nella filmografia di John Carpenter è risaputo e pure giusto; il posto nell’Olimpo delle grandi opere di paura è strameritato. Eppure anche un classico come La cosa (The Thing) deve avere la sua appropriata collocazione.

La cosa (The Thing), anno 1982. Kurt Russell è R.J. MacReady il protagonista del film.

Per molti fan e sostenitori del cinema di Carpenter, La cosa, remake del 1982 della pellicola La cosa da un altro mondo (1951), è il suo film più bello ma soprattutto il più terrorizzante. Per certi (molti) aspetti, più avanti per maturazione di una coscienza molto più horror, all’avanguardia per gli effetti speciali, per le interpretazioni e persino per la storia. Nonostante Carpenter abbia creato, e solo pochi anni prima, il personaggio di Michael Myers e lo abbia schiaffato nel primo capitolo di una delle saghe più famose e longeve del cinema, è proprio la mancanza di una saga de La cosa a farne un gioiello solitario che luccica con maggiore potenza; un unicum intramontabile in mezzo ad altrettante opere grandiose ma anche in mezzo a tanti film mediocri.

La cosa – La trama

Antartide, 1982. In una base scientifica americana un gruppo di ricercatori, tra i quali spicca il macho e scaltro R.J. MacReady (Kurt Russell), traggono in salvo un husky in fuga da due norvegesi, anche loro membri di una base non molto lontana da lì. I due uomini, che stanno per sparare al cane, vengono uccisi nel pensiero e nella certezza generale di un attacco di follia.

Gli americani non sanno però che il cane che i norvegesi stavano per uccidere non è un vero cane, ma una creatura aliena che a causa della sua natura parassitaria aveva attaccato, inglobato e copiato le sembianze di buona parte del gruppo scandivano. Ai due superstiti, che avevano fatto in tempo ad uccidere l’equipaggio infetto, gli era rimasto solo d’acciuffare ed eliminare l’apparentemente normale canide.

Se non fosse stato per gli statunitensi la storia sarebbe già finita e in tutta allegria. Invece, con l’uccisione dei norvegesi, il cane viene salvato e portato all’interno della base, dove potrà infettare parte di quella ciurma. Sarà proprio MacReady a prendere il comando della situazione non appena si renderà conto di ciò che sta succedendo. Tuttavia, un capo non basta, e non sapendo chi sarà il prossimo ad essere contagiato dalla cosa, fra i componenti dell’équipe si scatena il panico e imperversa una costante aria di sospetto, diffidenza e timore nei confronti del compagno più vicino.

Il film

La visione di questo film ci permette di osservare la sua feroce attualità. Feroce e vera perché La cosa trova, non tanto un possibile collegamento, quanto un autentico compimento con la situazione che stiamo vivendo in questo preciso momento. Il Coronavirus, come la forma aliena che semina il panico per tutto il film, attacca quando meno te lo aspetti; in particolar modo, la pandemia ha installato in noi l’ansia e la paura di essere infettati, portandoci inevitabilmente a diffidare del nostro prossimo.

Una scena del film.

Con un cast di attori eterogeneo e convincente, Carpenter dirige un horror claustrofobico traendo spunto dalla matrice precedente diretta da Howard Hawks, ma portandolo in un universo differente, splatter e sanguinolento che provoca paura e piacere allo stesso tempo. Il regista di Fog e Il seme della follia, fu infatti affiancato dall’allora ventitreenne Rob Bottin, maestro degli effetti speciali, per la realizzazione di questo film. Ciò che ne viene fuori è un miscuglio di tensione e terrore che presagiamo prima, per poi vederlo con i nostri occhi nella concretizzazione vera e propria della paura.

L’altro importante collaboratore di Carpenter, che si ritroverà a partecipare a questo progetto, è Ennio Morricone. È infatti lui l’autore della colonna sonora che stavolta sembra quasi non esserci. Come concordato con il regista americano, il compianto compositore non crea una musica lineare. Morricone punta, più che alla sregolatezza, alla scelta di singoli e piccoli suoni che non fanno altro che aumentare quello stato di paura e di claustrofobia. Perché con l’imminente pericolo che prende vita nelle forme più disparate, un piccolo e solitario luogo ci fa capire come in realtà siamo deboli e indifesi. La base antartica diventa la rappresentazione distruttibile e fallibile del mondo, dell’esperienza umana e persino della nostra intera storia.

La realizzazione e gli attori

La Paramount offrí a Carpenter l’opportunità di dirigere un sequel del cult di Hawks, che a sua volta era tratto dal racconto di John W. Campbell, Who Goes There? Carpenter, che era sempre stato un grande fan del film, accettò immediatamente il progetto portandosi con sé il giovane Bottin il quale, nonostante la lunga lavorazione che lo portò ad affrontare persino una forte di crisi di nervi, alla fine ne uscì vincitore e come creatore di effetti speciali all’avanguardia. Purtroppo per Bottin e per l’intero film, quello stesso anno uscì anche E.T. e Blade Runner; buona parte del pubblico riversò tutto il suo interesse nell’opera di Spielberg e in quella di Scott, e l’Oscar per i migliori effetti speciali andò a Carlo Rambaldi.

La cosa infatti non ebbe un successo immediato. Fu riscoperto solo alcuni anni più tardi, quando una nuova generazione di cinefili identificò il cult di Carpenter come uno degli horror più belli di sempre. Girato completamente in Alaska, il film oltre alla regia, alle musiche e agli effetti speciali, è noto anche per le sue interpretazioni. Solo uomini in un ambiente chiuso ma soprattutto grandi interpreti del cinema e della televisione americana. Russell aveva già lavorato con Carpenter nel 1981 in 1997: Fuga da New York e sempre con lui si ritroverà a collaborare nell’86 con Grosso guaio a Chinatown. Assieme alla star hollywoodiana si ritrovano attori del calibro di Anthony Wilford Brimley, Keith David e Richard Masur.

Una scena del film.

Grande esempio di cinema che non sembra affatto invecchiato. La cosa è un horror che riesce ancora a terrorizzare e questo grazie al minuzioso lavoro di Carpenter e dei membri della sua équipe. Nel 2003 si era pensato ad un remake intitolato The Thing II; lavoro che non andò mai in porto, almeno fino al 2020, quando Carpenter annunciò di essere impegnato nuovamente nel progetto. Nel frattempo, nel 2011 uscì un prequel diretto da Matthias van Heijiningen Jr. ambientato nella base norvegese pochi giorni dei fatti avvenuti nella base statunitense.

Leggi anche: Essi Vivono – Un cult che avrebbe bisogno di un bello svecchiamento.


Pubblicato

in

da

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *