Liberamente ispirata alla graphic novel Stigmate di Claudio Piersanti e Lorenzo Mattotti, Christian è attualmente una delle serie televisive di punta tra quelle targate Sky.
Il protagonista della serie, Christian, interpretato da Edoardo Pesce, abita nella periferia romana e sbarca il lunario facendo il tirapiedi per Lino (Giordano De Plano), il boss del quartiere. Christian vive in una realtà disagiata ed è solito frequentare delinquenti e tossici. Come se non bastasse la madre Italia (Lina Sastri) è gravemente malata e l’uomo deve costantemente occuparsi di lei.
Tra i personaggi di spicco che compaiono nella storia è doveroso menzionare Matteo (Claudio Santamaria), un’eminenza grigia del Vaticano, Rachele (Silvia D’Amico), una tossica che sovente si prostituisce al fine di procurarsi la droga, e Davide (Antonio Bannò), il figlio di Lino, che lo si può definire come il migliore amico di Christian.
Un giorno a quest’ultimo cominceranno a sanguinare copiosamente le mani. Da quel momento in poi niente sarà più come prima. I registi Stefano Lodovichi e Roberto Saku Cinardi, con l’ausilio di Enrico Audenino, Valerio Cilio, Patrizia Dellea e Renato Sannio in fase di sceneggiatura, realizzano un’opera mistica che per certi versi sembra un connubio tra The young Pope di Sorrentino e Il miracolo di Ammaniti.
Pesce incarna magistralmente questo antieroe pasoliniano con il quale lo spettatore non può fare altro che riconoscersi fin da subito. Silvia D’Amico dal canto suo è sempre più brava e ricorda sotto certi aspetti una Monica Vitti in erba. Rachele è un personaggio pieno di sfumature, intriso di un’umanità commovente. Lo stesso De Plano è sublime nei panni di questo villain anticonvenzionale, così come la sempreverde Lina Sastri e il giovane Bannò che, dopo Vita da Carlo, suggella ancora una volta il suo talento.
Un plauso va anche a Santamaria che si cala egregiamente nel ruolo di un uomo misterioso e affascinante che cela non pochi segreti. Christian riesce a non prendersi troppo sul serio e allo stesso tempo risulta fortemente credibile; il merito va alla creazione di una vicenda potente e spiazzante che scandaglia l’animo dei propri personaggi e, di episodio in episodio, svela segreti ineffabili che mantengono alta l’attenzione dello spettatore.
Christian appare quasi come un ossimoro vivente, in quanto, nonostante il suo atteggiamento moralmente deprecabile, viene investito di un potere di matrice cristiana. La serie in questione condanna senz’appello il manicheismo, mettendo in scena una vicenda in cui viene mostrato palesemente che il confine tra bene e male è spesso molto labile.
Correlato con il senso più recondito di Christian risulta il seguente aforisma dell’indimenticato scrittore irlandese Oscar Wilde: “Bene e male, peccato e innocenza, attraversano il mondo tenendosi per mano. Chiudere gli occhi di fronte a metà della vita per vivere in tranquillità è come accecarsi per camminare con maggior sicurezza in una landa disseminata di burroni e precipizi.”
Chapeau, dunque, a Lodovichi e Cinardi. I due registi, mescolando sapientemente il dramma, la commedia, il fantasy e il genere gangsteristico, danno vita ad una serie dal respiro internazionale che invita il pubblico ad abituarsi ad un mondo sempre più fluido.
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