Se ripenso alla mia infanzia, ai primi film che hanno, in un certo senso, segnato la mia vita e la visione delle cose, non posso certo dimenticare Frankenstein Junior, Young Frankenstein, nella versione originale. Se mi sforzo ancora, riesco con esattezza a ricordare la serata, gli attimi che scandirono quella prima visione. Luce soffusa, il salotto di casa mia arredato come una al quanto improbabile sala cinematografica, con mia madre che rassetta la cucina e mio padre intento a preparare l’armamentario. Va all’armadietto in salotto, pieno zeppo di videocassette, e ne prende una in particolare; poi ritorna con la sua calma e un ghigno divertito e fa “ti farò vedere un film che vidi al cinema quando avevo sì e no vent’anni!”. Accende il videoregistratore e attende qualche minuto prima di infilare nella bocca dentata dell’apparecchio nero di ultima generazione, ora semplice pezzo d’antiquariato, il VHS estratto dalla sua copertina di cartone. Avevo sei anni, o forse cinque. Quella sera non avevo intenzione di andare a letto. Mi distesi sul divano in attesa della proiezione. Mio padre mi preparò una sedia, per me e per lui, dove appoggiare i piedi e una coperta nel caso sentissi freddo. Dopo qualche secondo per il rewind, la cassetta era pronta e il play che ne succedette, determinò il mio strano comportamento. Ne avevo visti di film comici ma mai come quello: accusai quasi un disturbo. La prima scena, completamente in bianco e nero, mostrava un castello. Immagine fissa con un leggero, poi, movimento di macchina verso lo sfondo dipinto. E in quel momento, una stridente musichetta da violino scandisce il passaggio dei titoli di testa fino al momento in cui la sagoma del castello nero non è vicina. Ho paura. Quell’atmosfera iniziale mi terrorizza, non sto scherzando, mi incute una tale paura e insicurezza, amplificata da quel violino, che mi fanno alzare dal divano. Mi rifiuto di vederlo, solo per pochi minuti, ma non sono per niente a mio agio. Il mio vecchio mi richiama dicendomi di non fare il bambino, anche se in realtà lo ero. Ritorno seduto, più stretto a lui con l’ansia di quel bianco e nero che mi attanaglia e mi fa sentire così confuso, così piccolo. Dopo i primi cinque minuti e un cambio di scena, ecco che compare la faccia del protagonista. È un uomo con dei baffetti fini, quasi invisibili. Strani capelli, pensai fosse una parrucca; poi scoprì che erano i suoi veri capelli. Indossa un camice bianco e capisco che è un dottore. Dopo due o tre inquadrature si intuisce essere una lezione di medicina in un tempo non specificato; vedendo quel grezzo chiaro scuro, pensai fosse un vecchio film degli anni quaranta. Vengo a sapere che è un effetto speciale voluto, proprio così, quel bianco e nero, è un effetto voluto. Il protagonista si muove in su e in giù per quella stanza. Sta parlando di cuori, reni, sistema nervoso spezzato. Non rido. Nemmeno quando gioca con lo studente più saccente e fastidioso su come si pronunci o no il suo cognome, ed io sono preso da quel dibattito che mi sembra di una stupidità assurda. Non era Frankenstein? E allora perché dice Frankenstin? Che senso ha? Non capisco, la cosa bella è che mi ci impegno pure. Dilettante. E continuo a vedere quella scena un po’ impassibile e poco divertito fino a quando non arriva il vecchietto per il test che il dottore aveva come dimostrazione pratica da mostrare ai suoi studenti. Non c’è che dire. Forse una delle scene più belle e veramente divertenti di tutto il film ed io rido come un matto, con me anche mio padre.
Studente: io avrei una domanda dottor Frankenstein.
Frederick: Si pronuncia Frankenstin.
Studente: Come prego?
Frederick: Il mio nome….si pronuncia Frankenstin!
Studente: ma lei non è il nipote del famoso dottor Victor Frankenstein, della Transilvania, che andava nei cimiteri, disseppelliva cadaveri morti da poco e trasformava organi morti……
Frederick: Si! Si! Si! Si… lo sanno tutti cosa faceva, ma io preferisco essere ricordato per il mio piccolo contributo alla scienza e non per la mia accidentale discendenza da un famoso…..Coglione!
Più la pellicola scorre sulle bobine della videocassetta più il mio interesse per la trama cresce. Il mio divertimento non può che scoppiare in una fragorosa risata ogni volta che quell’attore recita o quando incontra il gobbo servo e assistenze, Igor o Aigor, o anche quando, insieme con Inga, l’assistente, incontrano per la prima volta la custode del castello Frau Blucher, altra scena memorabile che se ci ripenso a malapena riesco a trattenere le lacrime e le risa. Credo di non essermi mai divertito tanto nel vedere un film che si chiamasse come un famoso libro del terrore. L’aggiunta dello Junior al titolo giustifica le cose. Un film emozionante; una comicità mai sentita prima, demenziale ma allo stesso tempo acutissima. Fino ad allora ero abituato a Fantozzi, Totò, Stanlio e Ollio, ma quella era semplicemente esilarante. La mia attenzione si era concentrata soprattutto sulla recitazione del protagonista; non conoscevo il suo nome ma ogni volta che recitava, che si muoveva, che diceva una battuta, era un momento magico, non lo nascondo. Mi metteva felicità solo a vederlo, non aveva importanza se la storia non combaciava o c’era qualche errore, che tra l’altro non potevo ancora capire data la mia giovane età. Quell’attore. Quell’attore era la cosa più buffa che avessi mai visto, una continua risata, un continuo ripetere le sue stesse battute e movenze.
Frederick: Dato che la minutezza delle parti rallentava notevolmente il mio lavoro, decisi di fare una creatura dalle dimensioni gigantesche. Ma certo! Questo semplificherebbe tutto!
Inga: In altre parole, le vene, le mani, i piedi, tutti gli organi dovrebbero essere ingranditi?!
Frederick: Esatto!
Inga: Allora avrebbe un enorme Schwanzstucke!
Frederick: Questo è evidente!
Inga: Oh oh
La mattina successiva ricordo di averlo rivisto tutto un’altra volta fino a che ogni singola battuta non mi era entrata in testa. Ci campavo su quel film. Da quel momento capii che non mi avrebbe mai più abbandonato e che avrei continuato a vederlo scoprendone anche dei punti interessanti man mano che crescevo. Il vero punto di forza erano gli attori, la geniale sceneggiatura e l’atmosfera ricreata di un film degli anni trenta, uno di quelli con Bela Lugosi o Boris Karloff. Divino unico. L’attore e i suoi compagni di avventure, Igor, Inga, Frau Blucher, la creatura, erano diventati per me come amici fidati, eterni. Non dimenticai mai le loro facce, nemmeno per un istante. Persino quando ero più grande e andavo a casa di amici, capitò di vederlo insieme. Non ce la facevo era più forte di me; ogni volta scena, ogni battuta, io la ripetevo ad alta voce e da allora a oggi nulla è cambiato. Quando vedo Frankenstein Junior, è come se recitassi con gli attori, se parlassi con loro e facessi parte anch’io della pellicola.
Vidi altri film in seguito, altrettanto divertenti e comicamente astuti, ma nessuno mai poté superare questo e abbandonare il mio riso e la mia sincera felicità. È un po’ come il primo amore, come la prima volta che vai in bicicletta o quando a scuola prendi il tuo primo dieci. Quel film, ma soprattutto quell’attore, sono la stessa cosa. Furono per me amore, passione, dramma, comicità e tragico fusi insieme. Una cosa dalla quale difficilmente riesci a liberarti perché si affianca a te, si fonde con il tuo stesso corpo e non ti molla più.
Frau Blucher: Il dottore gradisce un brandy, prima di ritirarsi?
Frederick: No, grazie!
Frau Blucher: Una buona camomilla, può darsi..?
Frederick: No, grazie mille comunque….no grazie!
Frau Blucher: ORZATA CON LATTE??
Frederick: NIENTE…GRAZIE. Sono al quanto stanco.
Frau Blucher: Allora io dico….Buonano….
Frederick: BUONANOTTE!!!
Frau Blucher: (uscendo bacia il ritratto di Frankenstein senior e prima di chiudere la porta si volta e dice) Buonanotte, Herr Doctor!
Frederick: Buonanotte, Frau Blucher!
Cavalli: Hi Hi Hi Hi
Frederick: (spostando la bara da sotto terra Frankenstein, sporco ed esausto, guarda Igor e dice) Che lavoro schifoso!
Igor: Potrebbe andare peggio!
Frederick: E come?
Igor: Potrebbe piovere… (in quel momento si sente un tuono e inizia a diluviare.)
Inga: lupo ulula!
Frederick: Lupululà?
Igor: Là!
Frederick: Cosa?
Igor: (indicando con la mano prima da una parte e poi dall’altra) Lupo Ululà, e castello ululì!
Frederick: Ma come diavolo parli?
Igor: Non sono io, è lei che ha cominciato.
Frederick: No, non è vero!
Igor: Non insisto, è lei il padrone!
Quell’attore di cui vi parlavo, e che certo avrete riconosciuto, è Gene Wilder. Quando ho saputo della sua morte tutta la mia giornata è cambiata di colpo subito dopo. Aveva ottanta tre anni. Si era ritirato dalle scene nel 1999, dopo aver combattuto per anni con tumore. Alle sue spalle, decine di film che, dal primo all’ultimo, lo avevano reso celebre, mostrando al mondo la sua grandiosa verve comica, il suo geniale umorismo verbale e mimico. Si era cimentato in vari generi cinematografici ma famoso rimane il suo legame con il regista Mel Brooks, uno dei primi che si accorse del suo talento e che lo scritturò per Per favore non toccate le vecchiette, nel quale interpreta un timido e impacciato contabile. La coppia Wilder/Brooks, lavorerà ancora insieme passando per Mezzogiorno e mezzo di fuoco, arrivando al capolavoro e alla consacrazione con Frankenstein Junior.
Non meno importanti furono altre interpretazioni come quella di Willy Wonka ne La fabbrica di cioccolato, o del dottore che s’innamora carnalmente di una pecora in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso, ma non avete mai osato chiedere di Woody Allen. Oppure nei panni dell’ambiguo investigatore, fratello di Sherlock Holmes in Il fratello più furbo di Sherlock Holmes dove, oltre a recitare assieme a Marty Feldman, suo collega alcuni anni prima in Frankenstein Junior, Gene Wilder riveste anche il ruolo di regista.
Che cosa aggiungere di lui? Come puoi parlare di un così geniale attore, con il quale sei cresciuto insieme come un amico? Puoi solo soffermarti un secondo, pensare a tutto questo e infine dire, come se non fosse successo niente, -Almeno ora è entrato veramente nella storia. Per tutti Gene Wilder rimarrà sempre il Dottor Frankenstin che cercò di ripetere il lavoro fatto da suo nonno ma riportò in vita una creatura stupida-. Dotato però di un grande Schwanzstucke.
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