Con il 1966 termina la cosiddetta Trilogia del dollaro e inizia per Sergio Leone una nuova stagione artistica che sarà caratterizzata da un’intensa attività come produttore e dalla realizzazione di quei tre capolavori che vanno a formare la Trilogia del tempo. Questi capolavori sono: C’era una volta il West, Giù la testa e C’era una volta in America. Il primo è il canto del cigno del cinema western, il secondo un’epopea malinconica sulla rivoluzione messicana. Il terzo capitolo è un dramma gangster dalle tinte sentimentali, che da molti è considerato la sua opera maestra.
Leone si rinnova nella repentina evoluzione della propria arte. Dopo Il buono, il brutto e il cattivo, il regista rimane affascinato dal romanzo di Harry Gray, A mano armata, storia di un ex criminale ebreo di New York che racconta la sua vita dai bassifondi fino ai piani alti della società, e decide di farne un’opera cinematografica. Il film che Leone ha in mente prenderà poi il nome di C’era una volta in America. Tuttavia, per questo progetto il regista dovrà aspettare ancora un po’ di anni.
Infatti, grazie al successo ottenuto con l’ultimo esplosivo capitolo della Trilogia del dollaro, tutti amano Leone e i suoi film. Molti produttori, specialmente quelli americani, sono disposti a fargli fare qualsiasi altra pellicola lui abbia in mente; ma non prima di ver diretto un ultimo western. La Paramount, infatti, reclama da Leone un altro Spaghetti Western prima che il regista italiano possa decidere liberamente. Per questo motivo Leone si vede obbligato ad accontentare la major company statunitense. Però, quello che può sembrare un’imposizione da parte dei colossi americani, finisce col diventare una sicurezza. Con il suo nuovo film, infatti, Leone diventa una garanzia per i produttori, che da quel momento decideranno di dargli carta bianca.
Il film che Leone decide di dirigere è slegato dalla storica collaborazione con Vincenzoni e Age & Scarpelli. In questo film cala l’ironia pungente delle altre pellicole per dare spazio a una dimensione più cruda e violenta. Sceneggiato assieme ai giovanissimi Dario Argento e Bernardo Bertolucci, il film di Leone si trasforma ben presto in una tragedia corale in cui non ci sono più solo tre personaggi. Aumentano i protagonisti, ma soprattutto Leone introduce l’elemento femminile, prima solo leggermente tratteggiato, e la donna diventa, per la prima volta nella filmografia leoniana, il personaggio più importante e quello risolutore. Il film in questione è C’era una volta il West, l’opera che dà inizio alla Trilogia del tempo.
Primo capitolo della Trilogia del tempo e canto del cigno degli Spaghetti Western
Il 1968 è un anno importante. Stanley Kubrick dirige 2001: Odissea nello spazio, e Sergio Leone C’era una volta il West. Il primo è considerato lo spartiacque nel cinema di fantascienza e avventura, mentre il secondo lo spartiacque nel genere western. Entrambi chiudono un’era per aprirne un’altra, più nuova e frizzante.
Il film di Leone è, come detto sopra, un film corale all’interno del quale la musica di Morricone scandisce e descrive ogni personaggio. La storia ruota attorno alla bella prostituta Jill McBain (Claudia Cardinale) la qule, rimasta improvvisamente vedova, eredita un pezzo di terra apparentemente senza valore. Solo dopo scopre che il terreno è situato sopra l’unica sorgente d’acqua nel giro di centinaia di chilometri; la costruzione di una ferrovia e di una città potrebbe fruttargli molti soldi. Ma Jill incappa nello spietato Frank (Henry Fonda), uno spietato killer che lavora per il ricco e potente magnate delle ferrovie, Morton (Gabriele Ferzetti), quest’ultimo, il cui desiderio è di portare la ferrovia fino alle coste del pacifico, vuole a tutti i costi quel pezzo di terra, e paga Frank per liberarsi della donna.
Jill, tuttavia, aiutata dal solitario e misterioso Armonica (Charles Bronson) e dal bandito gentiluomo Cheyenne (Jason Robards) riuscirà ad avere la meglio su Morton e Frank. C’era una volta il West spazza via ogni traccia con il passato. I quattro personaggi maschili, Frank, Morton, Armonica e Cheyenne, sono i rappresentanti del selvaggio West, di un mondo ormai prossimo all’estinzione che crolla sotto il peso di tempi più moderni, in cui è la donna a prendere il sopravvento. Leone affida nelle mani di una prostituta il compito di civilizzare l’Ovest americano. Il treno è l’altro simbolo che rappresenta proprio il passaggio da un secolo all’altro, da un’era più antica alla modernità.
Giù la testa, un film politicamente più impegnato
Dal ’68 in poi Leone si dà alla produzione di film italiani e non solo, scovando per altri registi, attori nuovi e promettenti, come per esempio Terence Hill. Durante gli anni ’70 Leone produce di tutto; dal western al noir, dalla commedia ai film di guerra. Scopre e porta al successo perfino Carlo Verdone che, con il primo film, Un sacco bello, diventa per tutti un regista di culto. C’è, tuttavia, in questi anni da produttore, un ritorno dietro alla macchina da presa grazie alla pellicola del 1971, Giù la testa.
La storia della realizzazione del film è davvero strana. Leone, dopo aver scritto la sceneggiatura ancora una volta assieme a Luciano Vincenzoni, vuole che a dirigere il film sia Sam Peckinpah, già regista di classici western come Il mucchio selvaggio e La ballata di Cable Hogue. Tuttavia, i due interpreti principali, Rod Steiger e James Coburn, si imposero, dichiarando di voler lavorare con il regista italiano. Data la situazione scomoda, Peckinpah lascia il progetto e Leone, furioso con il regista americano, prende in mano le redini del progetto decidendo, però, di vendicarsi lo stesso con lui. In una scena del film Il mio nome è nessuno, diretto da Tonino Valerii e interpretato da Henry Fonda e Terence Hill, quest’ultimo legge i nomi sulle tombe di un cimitero indiano; fra i morti c’è anche un tale Sam Peckinpah.
Giù la testa nasce perciò in un clima non del tutto tranquillo. Le cose si complicano durante le riprese, con le continue litigate fra Steiger e Leone. Il film, che vuole essere un’epopea sulla rivoluzione messicana, finisce col diventare un’ode alla dinamite, che Leone aveva già avuto modo di usare nelle opere precedenti. Giù la testa è il meno riuscito dei sei film del regista eppure, riguardandolo, si possono trovare tracce e motivi che poi si ritroveranno nel film successivo.
L’ultimo sforzo di Leone e la fine della Trilogia del tempo
Il trasteverino Leone recupera ancora il C’era una volta… delle fiabe facendone un marchio di fabbrica. Marchio che molti altri registi, successivamente, riprenderanno; uno fra tutti Quentin Tarantino. Dopo una gestazione lunga quasi tredici anni e dopo aver conlcuso la sceneggiatura, ispiratasi in parte dal romanzo di Harry Grey. Leone si prepara a dirigere quello che poi sarà il suo ultimo lavoro e testamento.
C’era una volta in America è un’opera colossale che racconta vita, morte e miracoli di David Aaronson detto “Noodles”, un ragazzo del ghetto ebraico di New York che da piccolo malvivente diventa, assieme ai suoi amici Max, Cockeye e Patsy, uno dei più temuti gangster della città. Cionostante, dopo un lungo periodo in prigione, Noodles ne esce trasformato. Egli vorrebbe cambiare vita e maniera di sopravvivere, tutto tranne che l’amore profondo verso la bella Deborah, che lo tormenta e che allo stesso tempo gli dà la forza per andare avanti quando è in galera.
Ma se da una parte c’è il grande sentimento verso la ragazza, dall’altra c’è l’intenso e complesso rapporto d’amicizia con Max, che non gli permetterà di lasciare subito la banda criminale. Quando Noodles si sentirà pronto per farlo, succederà qualcosa di estremamente terribile che cambierà per sempre la sua vita e che lo porterà a scappare da New York. Dopo più di trent’anni, quando è ormai vecchio e stanco, Noodles torna in città perchè assunto da un misterioso cliente che ha per lui un nuovo e ultimo lavoro da svolgere. Il protagonista, nonostante non sa chi sia l’individuo, vuole andare in fondo a questa faccenda, mentre il passato che aveva cercato in tutti i modi di cancellare, torna a turbare la sua vita.
Caratterizzato da un cast stellare di attori americani, quali Robert De Niro, James Woods, Joe Pesci, Danny Aiello, Elizabeth McGovern, Burt Young e una allora giovanissima Jennifer Connelly, C’era una volta in America è un monumentale affresco di vita americana che va dagli anni ’20 del Novecento, quelli del proibizionismo, fino al ’68, anno della grande contestazione. Il dramma di Noodles, interpretato da un magistrale De Niro, percorre un trentennio, fatto di morti, rapine, amori e tradimenti; eppure Leone non opta per una narrazione lineare. Ciò che rende questo film grande è, oltre alla scelta degli attori, la decisione del regista di andare avanti e indietro nel tempo attraverso flashback continui che danno allo spettatore la sensazione di perdersi; proprio come il personaggio principale si perde tra i fumi dell’oppio nel disperato tentativo di dimenticare.
Uscito nel 1984, C’era una volta in America completa la Trilogia del tempo con un approvazione totale di tutto il pubblico italiano ed europeo. A Cannes, dove il film fu presentato, venne accolto con una grande standing ovation. Le cose non andarono ugualmente bene oltreoceano. Per un’ossessione dei distributori americani, il film fu accorciato e rimontato in ordine cronologico, estirpando la sua essenza originale.
Leone, che non si aspettava un’accoglienza così fredda da parte degli Stati Uniti, iniziò a lavorare ad un nuovo progetto che aveva come tema principale la Battaglia di Leningrado. Leone morirà nel 1988 a soli 60 anni, lasciando un vuoto incolmabile nel cinema. Ciononostante, il leone di Trastevere che aveva riportato il Western alla ribalta, uscirà di scena nella maniera più grandiosa possibile; con un’opera unica nel suo genere, sempre scandita dalla melodia di Morricone, ora autore di una delle colonne sonore più belle della sua carriera.
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