Romanzo giovanile di Dino Buzzati, di cui avevamo avuto già modo di parlare con la trasposizione animata de La famosa invasione degli orsi in Sicilia, Il segreto del bosco vecchio è una delle sue opere più significative. Quella in cui si sprigiona tutta la poetica fantastica e tutte le tematiche care allo scrittore e giornalista.
Dello stesso spessore è la trasposizione cinematografica del 1993 diretta da Ermanno Olmi, che con straordinaria potenza registica restituisce al romanzo di Buzzati tutta la sua forza. Potenza registica e allo stesso modo attoriale dato che, seppur con pochi attori, quei pochi fanno davvero la differenza. Sì perché Il segreto del bosco vecchio di Olmi è un film di immagini, sensazioni, voci e suoni che riescono a immergerci in un mondo incantato, magico, fanciullesco e crudo allo stesso tempo: quello della natura e delle montagne tanto care a Buzzati.
Fra gli attori noti è doveroso sottolineare la partecipazione di Paolo Villaggio che, come lui stesso ha sempre avuto modo di affermare, dopo La voce della luna ha scoperto di non essere solo Fracchia, il professor Kranz o Fantozzi. Il pubblico, e questo accade proprio all’inizio degli anni ’90, si accorge della bravura di Villaggio che viene messa in mostra da registi del calibro di Fellini, di Lina Wertmuller, Monicelli e, come in questo caso, di Olmi.
Nel Segreto del bosco vecchio Villaggio si trasforma; si fa crescere la barba, si rasa i capelli e assume un atteggiamento austero, militaresco, segno del personaggio protagonista del romanzo. Sebastiano Procolo è infatti il classico eroe, o antieroe, buzzatiano, come se ne vedranno anche in opere successive come Il deserto dei Tartari, da molti considerato il suo capolavoro. Villaggio, grazie anche alle dritte del regista, coglie l’essenza del personaggio e si catapulta nell’Italia di inizio secolo.
La trama de Il segreto del bosco vecchio
Dopo la morte di Antonio Morro, tutti i suoi possedimenti, che comprendono la casa, i boschi e il famigerato “Bosco Vecchio”, passano al parente più prossimo, il colonnello dell’esercito italiano Sebastiano Procolo. Egli tuttavia non è l’unico erede e dovrà dividere la succulenta eredità con il piccolo Benvenuto, di cui Procolo né prozio nonché tutore.
Data la giovane età del ragazzo, Procolo, dopo essersi trasferito nella casa sulle montagne, decide di sfruttare il più possibile i boschi e il legname che da essi ne ricaverà, senza tralasciare nemmeno il bosco vecchio. Considerato sacro e magico dagli abitanti della zona, il bosco vecchio è abitato da strani esseri denominati geni: creature antichissime e magiche che vivono negli alberi e che possono assumere sembianza umane Il disboscamento che Procolo intende attuare provocherebbe la morte dei geni. Per questo motivo viene in un primo momento pregato dal forestale Bernardi di non tagliare nessun albero. Tuttavia, data la testardaggine del colonnello, quest’ultimo libera il vento Matteo, che da anni viveva intrappolato nella montagna a causa della sua natura turbolenta e implacabile.
Ciononostante, anche Procolo, col passare dei giorni, inizia a captare la potenza della foresta. La natura che lo circonda e gli animali parlanti che incontra durante quel soggiorno, lo porteranno lentamente a cambiare atteggiamento non solo nei confronti del bosco ma anche di Benvenuto, prima visto come un nemico da schiacciare senza pietà. E invece il suo cuore di soldato integerrimo si scioglierà fino a trasformarlo in un uomo nuovo.
L’uomo vs la magica e impervia natura
Di grande interesse per Buzzati è sempre stata la tematica dell’uomo e del suo rapporto d’amore e odio con la natura. In questo preciso frangente con le inaspettate manifestazioni della natura che prendono vita non solo tramite un’umanizzazione degli animali; tutti coloro che popolano il bosco, infatti, dalla vecchia volpe fino alla gazza che fa di guardia alla casa di Procolo hanno il dono della natura. Il protagonista parla e lotta con loro, come suoi pari. A questi si aggiungono anche gli eventi atmosferici che, come nel caso del Vento Matteo, hanno un loro posto d’onore nell’universo creato da Dino Buzzati. Insomma, l’uomo e la natura dialogano in questa atavica relazione fatta di compromessi.
Tuttavia, questo rapporto non è visto come un equilibrio stabile e duraturo da Buzzati. Procolo è il rappresentante del mondo degli uomini che sfidano costantemente la natura. Quest’ultima, da far suo, è un’entità vasta, sfaccettata, impulsiva, non del tutto comprensibile all’uomo e, cosa più importante, incontrollabile. L’essere umano che ha per millenni cercato di sottomettere la natura spesso ha fallito miseramente. Il segreto del bosco vecchio è un pò la metafora del tentativo assurdo dell’uomo di porsi al di sopra di essa. Tale fallimento è la trappola in cui cascherà lo stesso Procolo, che da uomo dell’esercito ligio al dovere, si ritroverà a fronteggiare un nemico più grande e indistruttibile.
Olmi coglie l’essenza di questo scontro impari, e lo fa con una leggerezza che in alcuni momenti del film sembra agghiacciare lo spettatore. Il film, fruibile a tutti, è comunque una favola cruda e nera che strizza l’occhio alle storie dei Grimm o di Basile. La magia, gli animali parlanti, gli esseri magici ma soprattutto la volubilità dell’essere umano e la sua natura mortale che è costretta ad essere schiacciata.
Lo scorrere del tempo e la purezza del bambino
Gli altri temi attorno ai quali ruota gran parte della produzione letteraria di Buzzati sono il tempo e la dimensione del bambino che vede il mondo ancora con occhi innocenti. “A una certa età tutti voi, uomini, cambiate. Non rimane più niente di quello che eravate da piccoli. Diventate irriconoscibili”, dice a un certo punto la guardia forestale Bernardi al colonnello Procolo riassumendo quello che è uno degli elementi cardine dell’opera e potremmo dire della vita stessa. Il bambino, secondo Buzzati, è puro, libero da qualsiasi difetto e idiosincrasia. L’odio e il fanatismo sono concetti sconosciuti al fanciullo che però, crescendo, impara a conoscere.
Questo accade al protagonista: Procolo, pezzo da novanta del regio esercito italiano, ha appreso la disciplina e i suoi modi severi si ripercuotono nella gestione dei beni lasciatigli dal Morro e nella cura di Benvenuto. Quest’ultimo, che vede esattamente ciò che vede il suo vecchio tutore, non ammira il mondo con malizia bensì con l’autenticità che è propria di un bambino. Ma quanto può durare? Per quanto tempo Benvenuto rimarrà il fanciullo puro che è? Ed è proprio il tempo l’altro fattore che scandisce ogni attimo di questa meravigliosa pellicola che non è certo da meno del romanzo. Olmi riesce nell’impresa di ricreare le atmosfere incantate che fanno da sfondo alla vicenda di Procolo, Benvenuto e delle altre creature che popolano il bosco.
Il costante ticchettio della pendola in casa Procolo batte gli attimi dell’esistenza del colonnello che, come il bruco che diventa farfalla, anche lui subisce una sorta di metamorfosi. Proprio come la farfalla,anche la sua nuova esistenza avrà vita breve. Il personaggio di Procolo è destinato ad estinguersi; egli uscirà di scena, ma con la consapevolezza di aver agito per il meglio e per il bene del bambino. Il tempo, perciò, è un aspetto fondamentale e centrale nella letteratura di Buzzati. Quello del Deserto dei Tartari era un tempo sospeso, qui assistiamo invece a un ciclo che è in movimento e in continua trasformazione. Quella di Procolo è una presenza che non può durare, mentre il mondo, la natura e la sua periodiocità dominante si protrarranno per sempre.
Un poetico Villaggio e gli altri interpreti
Il segreto del bosco vecchio è un’opera che, come abbiamo detto in precedenza, si regge sull’attenta regia di Olmi nel documentare l’ambiente e il paesaggio inconfondibile delle Dolomiti. Buona parte delle riprese si sono infatti svolte nella foresta di Somadida e nella zona vicino al Passo delle Tre Croci. Altre scene, come quella della stazione, furono girate a Perarolo di Cadore e a Comelico Superiore. Alla magnificienza del paesaggio si aggiunge l’interpretazione di un memorabile Villaggio. Arrivato a un punto della sua carriera più maturo e completo, l’attore genovese sveste i panni del ragionier Fantozzi, eterna maschera tragica dell’uomo medio e mediocre, per permettersi di essere un artista a tutto tondo.
Villaggio dà prova della sua bravura atipica e fuori dagli schemi, di sicuro lontana dalla recitazione di un Gassman, di un Sordi o un Volontè. A volte lascia trapelare una goffaggine fantozziana, ma il più delle volte possiamo vedere un Villaggio davvero drammatico e severo. A lui si affiancano attori del teatro e del cinema in carne ed ossa o solo prestando la voce a personaggi non umani. Fra questi ci sono Giulio Brogi nella parte di Bernardi, Omero Antonutti presta la voce al vento Matteo mentre Gianni Musy, la voce italiana di Gandalf, Albus Silente e molti altri, è il vecchio gufo.
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