“Maccarone… m’hai provocato e io te distruggo adesso. Io me te magno!”. Frase questa che è entrata di diritto non solo nella storia del cinema ma di tutta la cultura italiana. Essa appartiene al film Un americano a Roma, cult del 1954 scritto e diretto da Steno e da Mario Monicelli, padri della commedia all’italiana. I due registi, allora soci, piantano le basi per la commedia di costume e scelgono l’allora già noto Alberto Sordi per interpretare il protagonista di un film davvero spassoso.
Con il ruolo di Nando Mericoni, nato l’anno precedente con il film Un giorno in pretura, diretto sempre da Steno, segna forse l’inizio ufficiale della grande e invidiabile carriera dell’attore romano, simbolo dell’italianità e della romanità che scimmiotta il bulletto americano. In questo personaggio, tratteggiato dall’inconfondibile grammelot mezzo italiano e mezzo inglese di Sordi, da una parte troviamo tutta la grande cultura statunitense, specialmente quella proveniente dal cinema, dai film con Marlon Brando e James Dean. Dall’altra parte, allo stesso modo, c’è, per fortuna o purtroppo, l’indissolubile essenza dell’italiano che, per quanto ci provi, non potrà mai separarsi dalla sua natura sorniona e cinica.
Un americano a Roma, inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, è una meravigliosa e grottesca satira di costume dell’Italia del dopoguerra. La sua storia, infatti, si sviluppa subito dopo il secondo conflitto bellico e attraverso i flashback ci si muove avanti e indietro nell’esilarante vita di Nando, il trasteverino che voleva a tutti i costi essere americano.
La trama di Un americano a Roma
Nando Mericoni è un giovane romano che cerca in tutti i modi di assomigliare ad un americano sognando, un giorno, di andare negli Stati Uniti. Fa il ballerino, ma a causa di problemi con il direttore del teatro viene licenziato, e Nando si ritrova solo e scoraggiato. Dopo averci pensato su, ha la brillante idea di salire sul Colosseo perché tutti possano ascoltare le sue richieste.
I suoi amici, i parenti e la fidanzata Elvira, accorsi per capire cosa stia succedendo, si lasciano andare davanti ai giornalisti ad aneddoti su Nando e sulla sua vita. Durante la guerra è catturato dai tedeschi quando sta per preparare un concerto di musica americana con altri amici. Con la fidanzata Elvira, Nando va a fare una gita in motocicletta, incontrano un ricco americano che vuole mangiare del pesce. Nando, che finge di parlare inglese ma che in realtà non conosce una parola, dà all’uomo l’indicazione sbagliata e quest’ultimo finisce con la macchina in un fosso.
Gli episodi divertenti si susseguono fino a quando Roma non si decide ad ascoltare le sue preghiere pur di farlo scendere. L’ambasciatore americano, saputa la storia del ragazzo, accorre per offrirgli un lavoro in America. Nando, il quale non immagina minimamente che l’ambasciatore sia in realtà l’americano che per colpa sua era finito con la macchina nel burrone, una volta trovatosi faccia a faccia con il diplomatico viene letteralmente pestato da quest’ultimo e finisce in ospedale. Nonostante i dottori dicano il contrario, il sogno di Nando non si è spezzato e lo si capisce nelle ultime scene del film, quando il protagonista scrive, invece che “fine”, “The End”.
Sordi e l’americanità
Il personaggio del bulletto nasce ufficialmente grazie a Lucio Fulci, allora aiuto regista di Steno; successivamente, a distanza di molti anni da Un americano a Roma, quello di Nando tornerà nel film Di che segno sei? in cui Sordi riveste i panni del pischello, ora invecchiato e abbrutito, ma che si fa chiamare Gorilla K2 e che svolge il lavoro di guardia del corpo. Nando è un ragazzo estremamente americanista, favorevole a tutto ciò che è americano o che proviene da lì. Il sogno americano per questo personaggio diventa un morbo, una febbre che non ne vuole sapere di andar via.
Il cinema western, quello noir, i bulli come quelli che si vedono ne Il selvaggio o come Paul Newman ne Lo spaccone, sono i modelli che Nando segue e mitizza: forse anche troppo. Questa sua imitazione lo porta infatti a stereotipare fino allo stremo una società e una cultura che abbiamo imparato a vedere attraverso la musica, i film, il vestiario, ma che in realtà non ci sono mai appartenute completamente.
Monicelli e Steno, registi, amici e colleghi, spingono fino al bizzarro cliché divenuti col tempo dei modi di dire e fare. Americanità ma anche molta italianità in questo capolavoro del cinema. La scena dei maccheroni è probabilmente una delle più famose di tutta la storia; l’immagine col faccione di Sordi che addenta una forchettata di spaghetti è divenuta ben presto il simbolo dell’Italia, che si può vedere sempre nei negozi o nei ristoranti di tutta la penisola.
Le scene cult e gli attori
Scritto assieme a Fulci, Sandro Continenza, Ettore Scola e lo stesso Sordi, Un americano a Roma vanta un cast ricco ed eteregoneo, con i migliori caratteristi dell’epoca. Nella pellicola di Monicelli e Steno compaiono, al fianco di Sordi, Maria Pia Casilio, nei panni di Elvira, Giulio Calì nel ruolo di Mario Meniconi padre di Nando, e Carlo Delle Piane in quello di Romolo Pellacchioni. Fra i personaggi secondari compaiono Rocco D’Assunta, Anita Durante, Galeazzo Benti e Vincenzo Talarico.
Molte sono le scene rimaste impresse nella memoria degli spettatori. Oltre alla già citata sequenza dei “maccheroni”, c’è quella della gita con la motocicletta o il rientro notturno. C’è poi la scena dello spettacolo seguita da quella in cui Nando sale sul Colosseo. Per ultimo, ma di sicuro non l’ultima, è opportuno citare la scena del party in casa degli americani.
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