Terzo film scritto e diretto dai Fratelli D’Innocenzo, America Latina, presentato alla Mostra del cinema di Venezia, è uscito nelle sale cinematografiche il 13 gennaio 2022. Con Elio Germano come protagonista, il lungometraggio si presenta come uno scarno e tagliente thriller tratto, non da una storia vera, bensì da tante storie realmente accadute e realmente possibili.
Il segreto del nuovo film dei D’Innocenzo, come insegnano altri immortali capolavori del cinema, si deve infatti ricercare nella mente del protagonista. In America Latina le fonti d’ispirazione sono molteplici, così come le sue chiavi di lettura. In esso si ritrova l’ambientazione di Psycho e le strutture narrative di un film di Shyamalan. Eppure, i gemelli registi non si soffermano ad un’opera di impatto visivo; America Latina va davvero oltre e prova, in qualche modo, a varcare la soglia della banalità, toccando non solo il cinema americano ma anche quello europeo.
Dopo La terra dell’abbastanza e Favolacce, i D’Innocenzo tornano a trattare temi sociali mascherati da storie inquietanti come quella vissuta dal protagonista della pellicola.
La trama di America Latina (2021)
Massimo Sisti è quello che si potrebbe definire un uomo perbene. Dentista incensurato, con moglie, due splendide figlie e una casa di un certo valore alle porte di Latina.
La sua vita scorre regolarmente, tra il lavoro, le serate passate assieme alla sua famiglia e le innocenti bevute con l’amico Simone. Tuttavia, qualcosa sta per cambiare nella vita di Massimo. Una mattina, dopo che la moglie e le figlie sono uscite, Massimo scende in cantina in cerca di una lampadina e laggiù fa una terrificante scoperta.
Il covid ci ha minati sia fuori che dentro
America Latina non poteva non affrontare il tema della solitudine e di quel tedioso isolamento al quale la pandemia ci ha obbligati ormai da due anni. Costretti a ridurre la socialità abbiamo subito il profondo cambiamento esterno: serrati in casa a lamentarci e a fare torte, nella ricerca incompiuta di un pizzico di bontà dentro di noi, non abbiamo potuto fare altro che aumentare i buchi della cintura, per poi cercare subito nuovi ed inutili espedienti per dimagrire.
Cosa ancora più grave, il virus ha minato la nostra già precaria stabilità mentale portando il genere umano verso nuove forme di depressione, d’incomunicabilità e addirittura di pazzia. I D’Innocenzo realizzano una metafora della pandemia attraverso le nevrosi di un uomo apparentemente comune.
Dall’uomo qualunque al fatto di cronaca
“Spero che mi stiano osservando, così vedranno. Vedranno e sapranno. E diranno a tutti: ‘Ma se lei non farebbe male neppure ad una mosca!’”, dice Norman Bates sul finale di Psycho, proprio quando la feroce personalità della defunta madre ha ormai preso il sopravvento. Infatti, sono molti gli elementi che accomunano il personaggio di Norman con quello di Sisti. Uno potrebbe essere rappresentato dalla vita solitaria condotta dai due individui, ma un altro è sicuramente la presenza di una figura genitoriale forte: la madre tirannica non permette a Norman di vivere la sua esistenza, il padre severo, cinico e opportunista di America Latina, interpretato da Massimo Wertmuller, rende Massimo un uomo totalmente debole e succube del genitore.
Entrambi hanno una famiglia. Ma è una famiglia vera? Questo è il grande dilemma del film, che risolve il caso di Massimo nel freddo, scostante e disinvolto riassunto di un’ennesima cronaca giornalista. Altro elemento che lega il film dei D’Innocenzo al cult di Hitchcock è infatti la raffigurazione dell’uomo qualunque, del mediocre, dell’uomo comune, quello che non farebbe male nemmeno a una mosca e che alla fine si scopre essere tutt’altra persona.
L’opera inizia in uno stato di orrore, come nei migliori film di mistero, per poi finire nel dramma, in quei drammi domestici che si sentono tutti i giorni al telegiornale e che ormai non ci toccano quasi più, perché siamo completamente assuefatti a fatti di sangue. Da qui, forse, il titolo America Latina; l’America non è più una realtà distante e incomprensibile. Le famose americanate ora sono patrimonio di tutti, vere e avverabili tanto in America come nella città di Latina, e le nevrosi di Sisti sono quelle di tutti i giorni, di ognuno di noi. Nevrosi universali.
Elio Germano, un attore in costante ascesa
Germano, del quale avevamo avuto modo di parlare in un articolo a lui dedicato, con il terzo lungometraggio dei D’Innocenzo si impone ancora una volta per quel grande attore che è, probabilmente uno dei migliori interpreti del cinema italiano e internazionale. Quello di Sisti è un ruolo unico ma allo stesso non del tutto originale, al quale fanno capo ben altri personaggi e titoli di grande fama. Egli non è solo un emarginato o un pazzo, come si potrebbe facilmente pensare. Sisti è un individuo carente di affetto e che ricerca tale compagnia in una famiglia. Una famiglia perfetta, tradizionale, ma che alla fine si scoprirà essere solo una grande farsa.
Il personaggio della moglie, interpretato da Astrid Casali, e quello delle figlie, è visto e interpretato in svariate maniere. Poetico sarebbe immaginare tali figure come un’estensione degli angeli de Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, ovvero esseri trascendenti vestiti in abiti civili, pronti ad ascoltare e a guarire i mali dell’uomo moderno.
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